Festa della poesia, Ribolla, Maremma toscana
La scena si svolge a Ribolla, un paese della provincia di Grosseto, Domenica 19 aprile 2009. Ci sono quattro uomini davanti alla trattoria, dopo pranzo, seduti o in piedi sul marciapiede, due hanno una certa età, gli altri due sono molto più giovani. Uno dei due anziani, all’improvviso, rivolgendosi al suo coetaneo, comincia a cantare una melodia ampia e monotona, una specie di melopea tra il canto e la parola, aiutandosi con un gesto del braccio. Si afferrano nel canto, rime che si rispondono. L’uomo canta la gioia, l’emozione di trovarsi di nuovo, quest’anno ancora, per cantare di poesia. Canta anche la poesia stessa, la bellezza del canto e della poesia, la bellezza del canto in poesia.
Se non ci fosse essa a dar conforto
Mi sembra già il mondo sarebbe morto.
Quello che il profano ascoltatore non può sapere è che il poeta sta improvvisando i suoi versi davanti a lui, rispettando una forma fissa molto restrittiva: otto versi (ottava) di undici piedi (endecasillabi), rimati rigorosamente secondo lo schema AB, AB, AB, CC. L’uomo a cui il poeta si rivolge, dopo aver seguito con attenzione e concentrazione, risponde, riprendendo l’ultima rima lasciata dal compagno (CD, CD, ecc.). Il suo modo di cantare, e la sua melodia sono molto diversi e nello stesso tempo in perfetta continuità di tono, di spirito e di contenuto con il canto di chi l’ha preceduto... Offre le sue parole, le sue immagini, metafore, i suoi tratti dialettali, il suo accento, il suo gesto. Alla fine dell’ottava, un ascoltatore attento e visibilmente commosso, come credo lo siamo stati tutti, presi dalla forza lirica e dalla fragilità funambulesca di questa parola cantata, segna la sua approvazione con una ferma interiezione. Nel frattempo, in effetti, un piccolo gruppo di ascoltatori si è formato, anch’ esso improvvisato : un paio di amici del poeta, qualche giovane passante fermandosi per strada, un altro gruppetto segue con attenzione, un pò più in disparte. Ho acceso il mio registratore e, in un angolino, Grazia Tiezzi, una linguista che lavora sul canto versificato dei poeti improvvisatori toscani, riprende discretamente con la videocamera. Uno dopo l’altro, i quattro poeti si risponderanno, ciascuno porgendo il suo personale modo di cantare il verso, il suo proprio universo poetico, ma sempre in maniera pertinente, in sintonia con ciò che è stato detto dai compagni. Si tratta di procedere oltre, di condurre oltre il discorso, anzi l’argomento poetico fino al suo compimento. Per un momento, lungo e breve – perchè questa poesia apre una temporalità tutta sua, una durata insieme sospesa e distesa, rompendo del tutto coi ritmi della vita che continua a svolgersi intorno –, lo scambio si concentra su metafore navali e marine, tanto per esprimere l’invenzione poetica quanto per descrivere il corso della vita, il suo viaggio in alto mare e tra gli scogli, le sue bonacce, le sue tempeste e il suo atteso naufragio.
Lo scambio tra Mario Monaldi (Allumiere), Franco Finocchi (Tolfa), Marco Betti (Arezzo)[1] e Pietro De Acutis (Roma, Rieti) durerà poco meno di un quarto d’ora. Potrebbe proseguire per ore ed ore, come succede spesso... Il 12 dicembre 2003 ad esempio, a Grosseto, per Telethon, un gruppo di poeti (tra cui Gianni Ciolli, Donato De Acutis, Niccolino Grassi, Emilio Meliani, Enrico Rustici, Bruno Tuccio) ha improvvisato per 24 ore senza mai interrompere la rima. In effetti, la stretta concatenazione, la ripresa della rima lasciata dal poeta precedente alla fine dell’ottava è la regola d’oro del canto estemporaneo in Toscana, Lazio e Abruzzo. Ci sono forme simili in Sardegna (cantato in lingua sarda [2]), in Corsica (cantato in lingua corsa : il famoso Chjam’e Rispondi [3]) e nelle isole Baleare (glosas [4]).
Ma questo momento di pura grazia davanti alla trattoria, in cui i quattro poeti si alternano, non può durare a lungo, perché, a qualche passo da lì, li aspetta la sala del Circolo ARCI, sede dell'associazione che porta il nome del poeta estemporaneo Sergio Lampis. È colma di gente (più di duecento persone) che si prepara a celebrare, con una ventina d’altri poeti del Lazio e della Toscana (gli Abruzzesi erano assenti per causa del terremoto), l’annuale Festa della Poesia improvvisata di Ribolla. Un’ associazione di improvvisatori sardi di Orgosolo, S’Ottada, è anche presente, offrendo fogliettini piegati in borsette di tissuto e grembiulini su cui, scritti a mano, sono associati versi in toscano e in sardo.
Ribolla non è un paese qualsiasi. È nato quando si aprì nel tardo ottocento, in mezzo ai campi, una miniera di carbone. Il paese è rimasto tristemente famoso per l’esplosione di grisù del 4 maggio 1954, che provocò la morte di 43 minatori. La storia di Ribolla, come quella di tutte le terre di miniera, è segnata dalle dure lotte sociali e dalla presenza di una doppia cultura, operaia e contadina (come a Carmaux, da dove vengo, e in molti altri luoghi di miniere, a Ribolla i minatori erano anche agricoltori). Questa storia è inseparabile da quella dell’ Ottava Rima, che naturalmente ha cantato la miniera e la sciagura del 1954. Da lì, forse, il desiderio, più forte che in molti altri luoghi della Maremma, di coltivare e sviluppare la tradizione della poesia estemporanea, che era del tutto moribonda diciotto anni fa, quando fù organizzato il primo incontro. L’iniziativa è partita da un ex minatore, Domenico Gamberi, uomo di grandissima passione e assiduità, assolutamente dedicato alla causa e di un’inflessibile determinazione, insieme a lui, Corrado Barontini, che svolge un ruolo fondamentale sia nell’organizzazione di incontri poetici e di convegni scientifici sulla poesia in ottava rima, che nella pubblicazione di libri di poesia e di analisi su questa forma culturale originale, in grado di interessare e di riunire musicologi, linguisti, antropologi, storici e letterari. D’altronde un piccolo gruppo di “studiosi” sono presenti nella sala: Alessandro Bencistà, direttore dell’indipensabile rivista Toscana Folk, Antonello Ricci, autore di innumerevoli ed eccellenti articoli in materia, che inoltre recita brillantemente la parte di presentatore durante la festa, Grazia Tiezzi, di cui ho già fatto il nome, Elisabetta Lanfredini, ricercatrice e cantante, l’editore Paolo Casini, e alcune altre persone... Il ruolo dei ricercatori nella consapevolezza del valore culturale della poesia estemporanea, e quindi, nella sua trasmissione e perpetuazione è di per sé una cosa molto interessante da sottolineare e da prendere in esame.... D’altronde alcuni di essi, come Giovanni Kezich e lo stesso Antonello Ricci, si sono soffermati su questo fenomeno spesso trascurato, se non addirittura giudicato negativo e fatale per la pretesa “autenticità” e “genuinità” delle produzioni culturali tradizionali. Va aggiunto che la manifestazione non sarebbe possibile senza la modesta assistenza finanziaria e il dichiarato sostegno morale dei politici locali, la maggior parte sono membri del Partito Democratico, di cui si conoscono fin troppo bene le difficoltà attuali. Il sindaco Leonardo Marras, ad esempio, era presente durante l’intero pomeriggio. L’interesse suscitato oggi da questa tradizione culturale in Maremma tra gli amministratori locali, mi è sembrato più o meno l’opposto di quello dimostrato dai nostri rappresentanti nel Limousin, su una base politica e ideologica – si badi bene – del tutto simile. Mi è apparso cioè che, da noi, comparativamente, l’impegno della ricerca e dell’università nel campo delle lingue e delle culture tradizionali rimane disperatamente debole.
Ribolla, festa della poesia. Foto di Angelo Trani gentilmente rubata a Elisabetta Lanfredini
Gli spettatori cominciano a sedersi sulle panche. Vicino a me, uno dei quattro poeti della trattoria, Franco Finocchi, mi canta dei passi delle sue composizioni in ottava rima : sulla tragica partita di calcio tra Liverpool e Juventus del 25 maggio 1985 a Bruxelles, sull’ incontro tra Gorbaciov e Reagan nel ‘86 a Ginevra, sull’ 11 settembre... Da secoli, l’ottava rima è il metro usato per raccontare e cantare gli eventi notevoli: battaglie, lotte politiche, fatti di cronaca... Ho accennato alla sciagura di Ribolla cantata in ottava, ma è proprio questa forma epica che veniva usata per conservare la memoria degli assedi, delle pestilenze, delle inondazioni, dei terremoti, per tramandare storie di briganti e di delitti di sangue... Fu usata per cantare il Risorgimento, le invasioni francesi e austriache, l’avventura coloniale, le due guerre mondiali, la guerra fredda, l’uomo sulla luna... Alla fonte, troviamo i principali modelli epici del cinquecento: i rifacimenti in ottava (la cui paternità in Italia sembra proprio dovuto al Boccacio) delle storie di cavalleria, la Pia dei Tolomei tratta da Dante, l’Orlando Furioso dell’Ariosto, la Gerusalemme liberata del Tasso, l’Adone e la Strage degli Innocenti del Marino, che rimangono tutt’ora riferimenti costanti nella bocca di poeti. Questo immenso patrimonio di versi appartenenti alle più alte forme della lirica del Rinascimento italiano, letta e sopratutto memorizzata da una generazione all’altra, serve tutt’ora da serbatoio, repertorio o arsenale, in cui i poeti, spesso pocco alfabetizzati (almeno tra i più anziani), contadini, artigiani, operai, traggono una parte del loro vocabolario, espressioni, rime, nomi di divinità, di eroi e paladini, sempre a disposizione per condurre la cronaca degli eventi contemporanei e affrontare la sfida dei duelli estemporanei.
Altri poeti mi sono presentati: Benito Mastacchini[5], da Suvereto, poeta e scultore del legno, Umberto Lozzi detto “puntura” o “Volpino”, che faceva il vetturino[6] in Maremma, personaggio estroverso e colorito (bisogna assolutamente vedere e ascoltare il video fatto su di lui da Elisabetta Lanfredini[7]), Agnese Monaldi, da Allumiere, una donna piena di modestia, che ho scambiato all’inizio per una semplice ascoltratrice (la si può vedere nel film segnato alla fine di questo articolo). Le donne non sono molte tra i poeti improvvisatori; solo due interveranno oggi. Però ve ne sono sempre state, e alcune sono rimaste celebri, come Divizia, la contadina dalla zona di Bagni di Luca che improvvisò per Montaigne, o ancora la famosissima Beatrice Bugelli, anch’ essa pastora analfabeta, ammirata da tutta la generazione dei letterati romantici (Tomaseo, ecc.).
Ci furono anche delle improvvisatrici, conosciute, nei grandi salotti del settecento e del ottencento, dell’intera Europa come Corilla Olimpica (la Corinne di Madame de Staël), Teresa Bandinetti o Giannina Milli, che gareggiò con la Bugelli.
La festa comincia con i saluti dei poeti, ottave rigosamente improvvisate, come si deve, con la ripresa obligata della rima. Poi si arriva al cuore dello spettacolo: una serie di duelli, detti contrasti, su argomenti scelti dal pubblico. Nella maggior parte dei casi, si tratta di coppie di opposizioni, e ogni poeta deve difendere la parte che la sorte gli ha attribuito. Il contrasto, probabilmente è derivato dalla tenson dei nostri trobadors, che sembra aver ispirato gran parte delle forme di giostre poetiche improvvisate in Europa e, come tutti sanno tra gli afficionados di Claude Sicre e dei Fabulous troubadours (che però imitano, più che praticano l’improvvisazione), le forme estemporanee dell’America del Sud (repentistas di Cuba, desafios de palavras en Brasile). In Italia centrale, ha assunto la forma dello scambio di ottave endecasillabiche, rimasto invariato dal seicento-settecento (il contrasto in ottava è più antico, ma l’obbligo della ripresa di rima, che non si usa nella poesia “colta”, non sembra essere esistito prima). Il contrasto è un duello versificato, un tipo di dialogo agonistico che, una volta, assumeva un fortissimo carattere conflittuale, arbitratto dal pubblico che aggiudicava la vittoria a uno dei protagonisti, come avviene tutt’ora col bertsulari basco, altamente competitivo[8]. Oggi, però, in Toscana, spesso non vengono più dichiarati vincenti né perdenti. Questo cambiamento favorisce forme di scambio più cordiali e rilassate, e evita le liti e le controversie del pubblico e dei poeti, che non di rado succedevano. Va detto poi, che prima c’ erano dei premi, certo modesti, ma non trascurabili per dei braccianti, pastori o vetturini squattrinati.
Mario Monaldi, uno dei poeti presenti a Ribolla
A Ribolla, in questo giorno piovoso di primavera, i temi scelti dal pubblico sono tanto delle coppie di opposizioni tradizionali, quanto dei soggetti della più scottante attualità: il furbo e lo sciocco (Realdo Tonti e Franco Finocchi) ; Adamo ed Eva (Agnese Monaldi e Alessio Bagnotti), il poeta antico e il poeta giovane (Antonio Mariani e Clemente Lorenzo), ma anche il banchiere e il debitore (Marco Betti e Pietro De Acutis) e perfino un duello tra un poeta (Emilio Miliani) che impersona Leonardo Marras, già citato, candidato PD alla presidenza della Provincia (presente in sala) e un altro poeta (Enrico Rustici) rappresentando il suo avversario di destra, Alessandro Antichi. La regola d’oro è che il poeta deve, anche se può maneggiare a volontà lo scherzo e l’ironia (come in effetti si aspetta da lui), difendere le parti, e caso mai i partiti che gli vengono assegnati. La prestazione retorica, benché sottomessa ai vincoli formali che abbiamo detto e a questa imposizione del ruolo, è spesso mozzafiato. Sono stati improvvisati anche due contrasti satirici e giocosi a tre voci: uno su di un tema socialmente molto impegnativo nell’Italia contemporanea: il vecchio, la figlia e la badante (Mario Monaldi, Giampiero Giamogante) e l’altro su una questione di politica, che come è stato rammentato, ha dato luogo ad un movimento sociale molto importante in Italia qualche mese fa, sulla scuola e sull’università (ovviamente non potevo non pensare all’attuale movimento in Francia, e alla nostra incapacità di coordinare la lotta al livello europeo): tre poeti hanno avuto l’onere di sostenere le parti, chi della ministra dell’istruzione Gelmini, chi dell’insegnante e chi dello studente (Irene Marconi, Gabrielle Ara e Fabrizio Ganugi). Infine, l’attualità imponeva un soggetto che non poteva essere trattato sotto la forma del contrasto: il terremoto in Abruzzo. Questo tema è stato interpretato da due poeti di lunga esperienza, Benito Mastacchini e Pietro de Acutis, con un’improvvisazione in cui la questione delle responsabilità politiche non è stata certo trascurata.
I poeti si succedono al microfono sul palco del teatro/cinema di Ribolla, in questa sala che fu costruita in altri tempi dai minatori stessi, dedicando alla sua realizzazione i loro giorni di riposo. I poeti che non cantano aspettano sul retro del palco seduti . Il pubblico è molto presente, applaude l’estro poetico e i bei finali, entusiasta, attento e chiacchierone (cosa che, spiegata ad un francese, pare impossibile, eppure la gente qui è capace di tale prodezza). Le ottave si susseguono e sembrerebbero potersi protrarre fino all’esaurimento fisiologico e mentale dei poeti e del pubblico; talora gravi, talora leggere, satiriche o mordaci, insieme colte e dialettali, fiorite e crude, cantate da anziani ma anche da giovani, come ad esempio Enrico Rustici, nato nel 1984, che calca i palchi dall’età di sedici anni e ha già pubblicato una raccolta[9]. Ovviamente, questa tradizione orale porta con sé tutte le voci che si sono spente, e di cui ogni anno si richiama la memoria. Ma la morte del genere con gli ultimi vecchi poeti contadini non sembra più affato una fatalità, perché, anche se c’è mancato un pelo, il passaggio del testimone è ormai assicurato. Pertanto, nulla è mai del tutto perso, fino a quando il desiderio di trasmissione vive ancora in alcuni.
Jean-Pierre Cavaillé
Si consiglia la visione del film La memoria cantata d’Angelo Paoletti, accessibile on line, eccellente introduzione all’ottava rima nel Lazio, in cui appaiono alcuni dei poeti (e studiosi) citati supra.
Da vedere anche, le due parti di un filmato d’Elisabetta Lanfredini sugli usi politici dell’ottava rima, tra altro nei tempi del fascismo :
“A parole mi avrebbero buttati in prigione” (l’ottava rima in Toscana 1/2)
“A parole mi avrebbero buttati in prigione” (l’ottava rima in Toscana 2/2)
Bibliografia minimale :
Agamennone, Maurizio, Cantar l’ottava. In Kezich, Giovanni I poeti contadini, Roma, Bulzoni, 1986, p. 171-218.
Bencistà, Alessandro, I poeti del mercato. Raccolta di contrasti in ottava rima dei poeti estemporanei Gino Ceccherini e Elio Piccardi, Firenze, Studium editrice, 1990.
Bencistà, Alessandro, I Bernescanti, Firenze, ed Polistampa, 1994.
Bencistà, Alessandro, L’Ambulante scuola. Poesia popolare ed estemporanea in Toscana, Firenze, Semper, 2004.
Fantacci, Andrea et Tozzi, Monica, Altamante. Una vita all’improvviso, Iesa, ed. Gorée, 2008.
Franceschini, Fabrizio, I contrasti in ottava rima e l’opera di Vasco Cai di Bientina, Pisa, 1983.
Kezich, Giovanni, I poeti contadini, Roma, ed Bulzoni, 1986.
Kezich Giovanni, Extemporaneous Oral Poetry in Central Italy, Folklore, Vol. 93, n. 2 (1982), p. 193-205.
Priore, Dante, L’Ottava Rima. Documenti di canto e dipoesia popolare raccolti nel Valdarno superiore, vol. 1, commune di Laterina ; Commune di Terranuova Bracciolini, 2002.
Ricci, Antonello, Fare le righe, L’ottava Rima in Maremma. Vita e versi di Delo Alessandrini, poeta improvistore, Roma, Stampa alternativa, 2003.
Ricci, Antonello, Di certe notevoli cose intorno all'ottava rima cavate da’ libri,
La Ricerca Folklorica
, n° 45, Antropologia delle sensazioni, Avril 2002, pp. 121-131.
Ricci, Antonello, Autobiografia della poesia. Ottava rima e improvvisazione popolare nell'alto Lazio,
La Ricerca Folklorica
, n° 15, Oralità e scrittura. Le letterature popolari europee, avril 1987, pp. 63-74.
Ricci, Antonello, Detto e taciuto. Le ottave del consenso contadino al regime fascista, La Ricerca Folklorica, No. 11, Antropologia dello spazio (Apr., 1985), pp. 121-124.
Tiezzi, Grazia. Le ragioni della rima : studio sull'improvvisazione di un'ottava di saluto, Urbino : Università di Urbino Carlo Bo, 2008 (Documenti di lavoro e pre pubblicazioni. Centro internazionale di semiotica e di linguistica).
Atti di convegni :
L’arte del dire, Grosseto, ed. ATP, 1999.
Poesia estemporanea a Ribolla, 1992-2001, ac. di C. Barrontini e A. Bencistà, Firenze, Toscana Folk, ed. Laurum, 2002.
Per una bibliografia più ricca e aggiornata, si veda il sito Archivi delle tradizioni popolari della Maremma.
Un’ altra bibliografia alla fine del saggio in linea di Paolo Bravi, L’improvvisazione in Ottava Rima (documento pdf)
[1] Marco Betti cura un blog di poesia : Epigrammando parole.
[2] Si veda ad esempio la Gara di poesia ripresa a Luras nel 2007. http://www.youtube.com/watch?v=SjCrRuziCRA
[3] Si veda, il filmato sul blog Campa in Erbaghjolu.
[4] Ad esempio http://www.youtube.com/watch?v=Bh3deU6tH8c
[5] Una corta improvisazione di questo poeta sul blog di Elisabetta Lanfredini.
[6] cf sito del comune di Montemignaio.
[8] La Mémoire Denis Laborde, Denis Laborde, et l’Instant : les improvisations chantées du bertsulari basque, Donostia, Elkar, 2005.
Voir aussi :
http://www.eke.org/fr/kultura/bertsularicom
et :
http://www.euskonews.com/0056zbk/gaia5608fr.html
[9]La Poesia Enrico Rustici, si canta. La poesia si scrive. Présentazioni di Corrado Barontini e Antonello Ricci, Firenze, Semper 2005.